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In principio ci furono le strade romane. Poi dopo un lungo medioevo il Sette-Ottocento diede mano a molte strade carrozzabili, che ospitarono a seguire le prime automobili.
L'entusiasmo della prima metà del Novecento si dedicò a creare una rete di strade rotabili, capace di condurre ovunque.
Furono chiamati a realizzarle i più abili tra gli ingegneri, e rispettosi del decoro e del paesaggio. Costruite a forza di braccia, con le tecniche e i materiali antichi, si adagiarono sul dorso delle colline, disegnando curve sinuose, scalarono i monti con molteplici tornanti su possenti costruzioni di pietra, traversarono ripidi versanti valicando gole e torrenti con ponti arditi a uno o più archi.
Pensate per essere belle, negli arredi e nelle lunghe alberate, furono il momento magico dell'ultima Italia intatta.
Non ci si è accorti per tempo del loro essere monumenti, unitari e lineari.
Molte sono state distrutte. Molte sono ancora là, dimenticate, in attesa di essere riscoperte e restaurate. Necessarie oggi per quel turismo – attento, lento e curioso – che va alla ricerca delle aree interne, dei paesi antichi e del paesaggio storico.