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Un uomo nato fra il Mille e il Millequattrocento avrebbe compreso i termini donna (mulier), cavaliere (miles), cittadino (urbanus), mercante (mercator), povero (pauper): non avrebbe inteso invece il significato della parola «intellettuale» (intellectualis) attribuita all'uomo. Per chi frequentava la scuola, l'uomo era piuttosto razionale (animal rationale e purtroppo mortale), ma questa era la definizione buona per tutto il genere umano, una definizione che discendeva da Aristotele. L'aggettivo «intellettuale» si accompagnava a sostantivi diversi, con qualche variante di significato. La «sostanza intellettuale» (opposta a «sostanza materiale») era lo spirito o l'anima, la «conoscenza intellettuale» (opposta alla «conoscenza sensibile») era quel tipo di conoscere che superava lo strumento dei sensi spingendosi a cogliere le forme. Gli aristotelici parlavano anche di «piacere intellettuale» (riservato agli eletti e ben distinto da quello «sensuale»), di «virtù intellettuale» (diversa da quella «morale») secondo l'antica analisi dell'Etica Nicomachea.Acquista l'ebook e continua a leggere!
L'intellettuale