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Una mite giornata di aprile di cinquanta anni fa. Improvvisamente un forte vento
di burrasca si abbattè sul porto di Genova, è quello che i marinai inglesi chiamano Genoa Cyclone.
Alcune navi in rada riuscirono a togliere gli ormeggi. Così non fu per la London Valour nave cargo battente bandiera britannica.
Il libeccio soffiò cento chilometri l'ora il mare a forza 8, per la London Valour, con i motori in avaria, non ci fu speranza.
Un manipolo di soccorritori affrontò il mare in burrasca a ridosso della diga foranea Galliera e riuscì a salvare parte dell'equipaggio. Trentotto sopravvissuti sulle cinquantotto persone che erano a bordo.
Quel 9 aprile 1970 la motovetta della Capitaneria di Porto, CP233, al comando del tenente di vascello Giuseppe Telmon, si infilò nelle onde alte fino a dieci metri e recuperò i marinai filippini a più riprese, senza mai indietreggiare. Una tragedia vissuta in diretta da tutta la città di Genova che assistette impietrita al quel dramma rimasto così forte nella memoria che il cantautore genovese Fabrizio De Andrè le dedicò una canzone metafora di quei tempi.
di burrasca si abbattè sul porto di Genova, è quello che i marinai inglesi chiamano Genoa Cyclone.
Alcune navi in rada riuscirono a togliere gli ormeggi. Così non fu per la London Valour nave cargo battente bandiera britannica.
Il libeccio soffiò cento chilometri l'ora il mare a forza 8, per la London Valour, con i motori in avaria, non ci fu speranza.
Un manipolo di soccorritori affrontò il mare in burrasca a ridosso della diga foranea Galliera e riuscì a salvare parte dell'equipaggio. Trentotto sopravvissuti sulle cinquantotto persone che erano a bordo.
Quel 9 aprile 1970 la motovetta della Capitaneria di Porto, CP233, al comando del tenente di vascello Giuseppe Telmon, si infilò nelle onde alte fino a dieci metri e recuperò i marinai filippini a più riprese, senza mai indietreggiare. Una tragedia vissuta in diretta da tutta la città di Genova che assistette impietrita al quel dramma rimasto così forte nella memoria che il cantautore genovese Fabrizio De Andrè le dedicò una canzone metafora di quei tempi.