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Nel tempo mitico e primitivo il senso del vivere-nel-mondo è dato senza alcuna mediazione. È la lunga storia della modernità a operare le sue dissociazioni: l'uomo si scopre "altro" rispetto al mondo che ha perso e il paesaggio affiora in seguito a tale separazione, esponendo il soggetto a un vero e proprio s-paesamento. Da questa frattura procede una narrazione che traccia le coordinate visuali e fenomeniche del paesaggio, interroga i dispositivi di rappresentazione e riscatta l'autenticità rispetto a quell'ipertrofia che alimenta processi di scapeness: dall'immagine del paesaggio al paesaggio delle immagini. Attraversando la produzione di numerosi artisti e intellettuali di ogni epoca (da Ghirri a Guidi, da Smithson a Long, da Cézanne a Morandi, da Anselmo a La Pietra, da Pasolini a Eco) e interpolando le più attuali produzioni culturali (da Parasite alle riprese sull'implosione del Ponte Morandi, dal Manifesto del Terzo Paesaggio di Clément a quello sull'Incompiuto siciliano degli Alterazione Video), il testo si addentra nell'ambiguità semantica tra paesaggio e veduta e tra passi e passages, rievocando i processi di vetrinizzazione del reale preconizzati da Benjamin e riattualizzando il valore epistemico del passo, del cammino, del viaggio intrapreso a piedi quale misura umana e sensibile dei luoghi.