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Nell'Italia degli ultimi anni, Matteo Renzi ha incarnato una cruciale sintesi tra l'individualismo protestante alla Thatcher e la tradizione cattocomunista che accomuna gran parte della sinistra italiana, incanalando le speranze e poi, sempre più intensamente, gli odi della comunità politica di area progressista, in un succedersi di accadimenti che offrirebbe «materiale da romanzo». Il Renzi "vero" avrebbe potuto rappresentare il motore di una trasformazione di quel contenitore politico spurio, il Partito Democratico, in un soggetto politico consapevole e finalmente aperto al liberalismo a sinistra, la «terza via» che porta alla socialdemocrazia compiuta. Ma gli errori accumulati dai governi sedicenti liberali (Berlusconi) e quelli derivati dalle mancate riforme hanno confinato la figura di Renzi a quel personaggio a tutti noto: bersaglio fisso della denuncia antiliberista ed emblema della mancata rappresentanza a sinistra, a favore del «discorso unico delle due destre». Eppure la terza via esiste e, stigmatizzando in modo un po' ossessivo la persona, si è finiti per prendersela, alla fine, con il Renzi sbagliato.