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Ripartenza verde è l'immagine della ricostruzione post covid e della politica di rilancio della produzione sempre più proiettata verso l'intelligenza artificiale e la transizione ecologica ed energetica. Verde è anche il motore digitale che rende l'industria più produttiva e sostenibile. E più giovane.
Ancora una volta il driver del cambiamento non è l'ideologia ma l'imprevedibile evoluzione di scienza e tecnica: l'ambientalismo ha infatti spesso prestato il fianco a derive antindustriali e della decrescita. E, contrariamente alla narrazione dominante, sostenibilità e velocità della trasformazione ci inducono a pensare che – superata la turbolenza planetaria – l'era digitale sarà migliore dell'era industriale.
L'industria è il principale responsabile della crisi ambientale ma è, allo stesso tempo, il principale attore che può ripristinare un equilibrio nel pianeta. Ed è oggi del tutto evidente che ciò che ha reso la Cina il più importante baricentro, e non soltanto la fabbrica del mondo, ha avuto inizio con la delocalizzazione di attività manifatturiere. Anche per questo le produzioni stanno rientrando e la pandemia sta accelerando la riorganizzazione delle catene del valore. L'industria è il soggetto della globalizzazione e all'inizio di questo nuovo corso – più orientato alla regionalizzazione dell'economia – si è finalmente compreso, anche in Europa, che non c'è futuro senza innovazione e senza una nuova centralità della produzione. È la sfida del Green New Deal, occasione decisiva per l'Italia.