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"L'impiegato finge di scrivere seduto alla scrivania dietro il vetro. Finge di non
guardare, di non vedere. Ha esposto buste-sacco di molte misure e su ciascuna ha
collocato un piccolo bigliettino con il prezzo scritto a matita. Si possono spedire
ricordi di qualche peso. L'ufficio postale propone ricariche telefoniche, penne,
matite, francobolli. Decine di cartoline attendono il loro turno nell'espositore
girevole".
Da Auschwitz si possono spedire cartoline in ricordo della visita al campo di
sterminio, ma questo libro senza immagini, composto di brevi annotazioni solleva un
tema più ampio. Un teso, a tratti aspro dibattito mai arrivato a compromessi ha
diviso lungamente due fronti inconciliabili, attorno all'interrogativo se sia giusto
dare immagini del progetto di sterminio nazista. Da una parte Claude Lanzmann, il
regista del documentario-monumento Shoah, che decretò l'inadeguatezza di
qualsiasi rappresentazione visuale che pretenda di rappresentare l'assoluto del
male. Dall'altra Georges Didi-Huberman, che sostenne il diritto di immaginare,
"nonostante tutto", ciò che per gli aguzzini stessi doveva restare inimmaginabile.