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Il suono della musica dei tamburi artigianali, le buatte, in dialetto napoletano, echeggia nelle pagine del libro come fosse richiamo per l'animo di un bambino. Il primo suono che raggiunge Tony è nel negozio di panettiere del papà, nel centro di Napoli. Tony rimane suggestionato dall'armonia prodotta dal picchiettare ritmico sui piatti della bilancia e sul legno del bancone. A dieci anni, con la famiglia, si trasferisce a Cercola, un paese alle falde del Vesuvio. Si nutre della cultura di quei luoghi, fatta di vibrazioni, di fermenti popolari, di energia, che traggono intatta l'impronta del vulcano. Appena adolescente ritorna a Napoli, negli ambienti dove si crea la musica. Frequenta il Play studio, un centro sperimentale di ricerche audiovisive: "Era frequentato da giovani musicisti come Franco Battiato, De Gregori, Venditti". Entra nel giro delle radio libere. È qui che incontra colui che gli darà l'occasione di iniziare: Sandro Petrone. Conierà insieme all'amico il termine "percussautore", che gli rimarrà per sempre come un sigillo di originalità. Viene notato da un altro animo elevato della musica partenopea, Edoardo Bennato. Collaborerà con lui in due album, fi no all'incontro con Pino Daniele, che lo consacrerà definitivamente come il musicista che girerà il mondo con le sue buatte.