È proprio l'Africa, non ci sono dubbi. Il tempo è dilatato, non si sa mai il "quando" di niente. Si viaggia su pittoreschi, caratteristici pullman e prima o poi si arriverà. Ma la gente sorride, ride, ti ospita in "casa" ed è così naturale... naturale che arrivi, naturale che resti, naturale che te ne vada. Con giusto una punta di tristezza. Marta Cometti di Africa ne ha attraversata un bel po', tra città, foresta e deserto, latte di cammella e pane cotto nella sabbia, dromedari, scorpioni e cieli stellati da mozzare il fiato. E poi un brivido tanto inaspettato quanto sgradito: sarà trattenuta in gendarmeria nell'oasi di Bilma per nove giorni, in una sorta di libertà vigilata per "motivi di sicurezza". Seguirà l'allontanamento dall'amata città di Agadez, in anticipo sulla tabella di marcia prevista. Uno strappo doloroso che l'autrice descrive con trasporto e grande emotività. Il ritorno a casa è decretato dalla promessa di passare il Natale in famiglia, ma il distacco non potrà essere indolore: dieci mesi in Africa ti rubano il cuore. E anche tutto il resto.

Marta Cometti, nata a Campora (Svizzera) nel 1979, non narra di un viaggio, ma di quei viaggi che si devono "per forza" fare. A dispetto della presunta irragionevolezza dell'atto, a dispetto delle incognite e dei pericoli che si potrebbero incontrare. Non è un fatto razionale. È qualcosa che si deve a se stessi, è un desiderio irrefrenabile che si vuole sentire fin nelle ossa.