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Gli undici racconti del "Libro dei dispersi e dei ritornati" prendono spunto da alcune fotografie di sconosciuti trovate nel baule di un rigattiere a Berlino, la città nella quale vive l'autrice. "In un pomeriggio invernale di qualche anno fa, bighellonando con un amico in un grande robivecchi pieno di cianfrusaglie di ogni tipo, abbiamo trovato un baule di vecchie fotografie, interi album, singole foto: il mio amico ha dato un'occhiata e poi ha proseguito la visita, io invece mi sono seduta per terra e ho cominciato a guardarle tutte, una per una." Scrive Carlo D'Amicis nella postfazione al volume: "Il Libro dei dispersi e dei ritornati esplora le possibilità del reale a partire da un'azione, il guardare, che l'uomo ha messo a fondamento di ogni processo di conoscenza. Dalla caverna di Platone a "Cecità" di Saramago, ogni discorso (o narrazione) intorno alla capacità di vedere è sempre stato funzionale al bisogno di sapere. Lea Barletti lo sa bene, e affronta questo viaggio di luce e di tenebra con la consapevolezza che ogni sguardo è debito".