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Il contributo che ha fatto la fama del Beniamino maggiore non consiste tanto nella formulazione di una definizione originale della contemplazione, quanto piuttosto nell'introduzione di una struttura esplicativa fondata sulla divisione e sulla distinzione dei generi e dei modi dell'atto contemplativo. L'intento di Riccardo, da lui stesso dichiarato fin dai primi capitoli dell'opera, è infatti quello di arrivare a comprendere la contemplazione da una prospettiva antropologica, cioè soffermandosi più che sull'oggetto della contemplazione, sulle possibilità che l'uomo ha a sua disposizione per raggiungere questa forma di conoscenza, quindi sulle sue facoltà conoscitive e sulle loro diversificate modalità di comprensione della realtà. Non a caso Riccardo di San Vittore fu considerato il punto di riferimento per la teologia mistica e la dottrina della contemplazione. Ne danno conferma, ad esempio, Dante, che nel X canto del Paradiso, vv. 130-132, non esita ad affermare che Riccardo «a considerar fu più che viro», come pure lo stesso Bonaventura, che lo ritiene maestro nella contemplazione.