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Il 9 febbraio 1619, quando aveva da poco compiuto 34 anni, Giulio Cesare Vanini fu bruciato a Tolosa per «ateismo, bestemmia, empietà e altri eccessi». Meno di tre anni prima, nel settembre 1616, aveva pubblicato la sua opera più famosa, il De admirandis naturae reginae deaeque mortalium arcanis(I meravigliosi segreti della natura, regina e dea dei mortali). La censura, approvandola senza battere ciglio, non vi trovò nulla di «ostile o contrario alla Religione Cattolica Apostolica Romana». In realtà, sebbene in modo velato e criptico, essa contiene e veicola idee a dir poco esplosive in materia di religione, politica, biologia e fisica. Idee per le quali, nel 1620, fu inserita nell'Indice dei Libri proibiti.
Tra i sessanta dialoghi in cui si struttura l'opera quello più celebre e rilevante è, senza ombra di dubbio, il Dialogo su Dio, il cinquantesimo, che in questo volumetto si riporta in forma integrale. Non è un dialogo come tutti gli altri ma, in virtù dell'autonomia e della coerenza interna che lo caratterizzano, un'opera nell'opera e soprattutto, per la completezza ed esaustività degli argomenti trattati, una piccola summa del pensiero sovversivo di Vanini. «Certamente fu più facile bruciare Vanini che riuscire a confutarlo» (Arthur Schopenhauer).
Tra i sessanta dialoghi in cui si struttura l'opera quello più celebre e rilevante è, senza ombra di dubbio, il Dialogo su Dio, il cinquantesimo, che in questo volumetto si riporta in forma integrale. Non è un dialogo come tutti gli altri ma, in virtù dell'autonomia e della coerenza interna che lo caratterizzano, un'opera nell'opera e soprattutto, per la completezza ed esaustività degli argomenti trattati, una piccola summa del pensiero sovversivo di Vanini. «Certamente fu più facile bruciare Vanini che riuscire a confutarlo» (Arthur Schopenhauer).