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Nel nostro tempo veloce, in cui tutto si concentra edonisticamente nell'"hic et nunc", che cosa si perde, cosa si dimentica? La tradizione, le radici culturali, il modo di vivere e sentire, radicati nel nostro vissuto sociale ed umano. Cercando sinonimi del termine "dimenticanza", a mò di chiave di lettura, ho trovato: amnesia, smemorataggine, disattenzione, distrazione, lacuna, oblio, omissione, oscurità, trascuratezza, polvere, silenzio, inattenzione, inavvertenza, sbadataggine, smemoratezza, svista, assenza, carenza, falla, mancanza, vuoto, abbandono, anonimato. Già il titolo di questo pregevolissimo volume richiama, con forza ed in maniera lapidaria, al recupero della memoria, della cultura, delle fiabe popolari che ascoltavamo, riuniti intorno al braciere, raccontate dai nonni; rappresenta, dunque, tutto il positivo rispetto all'oblio, all'oscurità, alla polvere. Il dialetto, che io definisco ironicamente "lingua madre", rispetto all'Italiano (lingua padre, o dell'omologazione culturale, seppure necessaria perché codice comune dalle Alpi a Capo Passero) è lingua viva, non folklore (termine che indica la morte di una cultura, che si trasforma in fenomeno, appunto, folkloristico), è lingua dai mille colori, dalle incredibili sfaccettature, lingua del lessico ricco e vario. I termini dialettali esprimono in una sola parola, in una sola frase idiomatica, tutto un mondo, tutta una cultura; evocano suoni, calore, tempi in cui la semplicità era valore, un mondo che non c'è più, ma che deve rimanere nella nostra memoria, come patrimonio che è nostro, attiene al nostro essere profondo, per capire cosa siamo oggi, come si è costruita la nostra identità, il nostro "hic et nunc", proiettato ad un futuro che non può prescindere dal passato. Le atmosfere delle fiabe tradizionali sono sconosciute alle nuove generazioni, ai figli della tv, del pc, dei videogames, che hanno quasi voluto esorcizzare e mettere in una cantina polverosa in cui non si entra mai, il racconto espressivo che solo la voce che narra o legge può rendere, insieme all'affettività, alla relazione umana, alla comunicazione significativa, dai contenuti pedagogici e divertenti. Tutto questo rappresenta questo volume, tutto questo rappresenta l'autrice, a cui va il mio ringraziamento per avermi consentito, leggendo Jugale, del Monachello, di fantasmi e mostri, di personaggi fantastici, fate e streghe, di boschi e montagne, un piacevole "amarcord", un "come eravamo" commosso, un viaggio sentimentale nel mio passato di bimba che stava a bocca aperta ad ascoltare i racconti intorno al braciere, nelle sere senza tv, nelle sere impresse nella memoria del "cuore". Loredana Ciglio