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I poeti esprimono direttamente le loro tante pene, le loro poche gioie e le loro infinite riflessioni; quasi sempre. Non così accade in queste poesie. Qui il poeta si nasconde, non ne ascolti mai la voce. Ascolti invece la voce dei suoi personaggi che parlano, loro sì, in prima persona. E sono voci molto diverse tra loro. Si fanno strani incontri, in questi versi: viandanti, barboni, cocotte, falliti, giovani innamorati, prigionieri sul punto di essere fucilati, uccelli atterriti dai cacciatori. Quanto al linguaggio, è singolarmente chiaro. L'epoca delle poesie ermetiche, dei riferimenti vaghi, degli accostamenti arditi tra parola e parola, senza che nessuno ne comprenda appieno il significato, non è finita. La chiarezza è perduta, nell'arte. O, almeno, è obsoleta. Ma in questa silloge non una poesia è oscura. Non un verso lascia al lettore la ricerca del senso. Tutto è chiaro. Tutto è palese. Tutto è svelato. Ogni moto dell'animo. Ogni singola emozione. Così era l'arte poetica, un tempo. Così la sente ancora oggi l'autore. La poesia soggettiva, quella che propriamente viene definita "lirica", non gli è invisa, ma non ne appare entusiasta.