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Dalla presentazione: L'autore con la sua silloge ci indica un orizzonte verso cui guardare (in poesia e nella vita) con gli occhi dell'umanità (i nostri) per riuscire a cogliere con la sensibilità di ognuno le emozioni e intuizioni che quotidianamente ricadono su di noi con le relative suggestioni e riflessioni derivanti dalla maturità e consapevolezza acquisita con l'età e la cultura.
L'orizzonte verso il quale l'A. guarda nasce da un connubio tra 'poesia' e 'prosa' riunite, senza interferenze, trovando lampi di forza narrativa-poetica, per dare un 'senso' all'esistenza. La sua scrittura inebriante diventa spesso un canto poetico, anche quando ad esempio 'ruba la solitudine' che vive nell'uomo e la sublima, o 'ingoia il silenzio' nell'attesa di una telefonata che non arriva, o ancora quando 'si apparta con la divinità' per affidarsi a una comprensione non più umana, o 'scorre il cielo che si apre tra le nuvole' alla ricerca del sorriso della coscienza.
L'io è casuale, in sostanza è un io collettivo che si muove nell'universo delle condizioni in cui versa il presente e dà corpo e voce all'umano sentire, alle vitali pulsazioni che si avvertono nella vita sociale tra emozioni e sofferenze, stupori e degradi, povertà e ricchezze, ..., e, nelle tante contraddizioni che regolano gli eventi del nuovo millennio, ricercando non ciò che divide ma unisce, non già egoismi ma una condivisione, uno sbocco di 'senso' fatto di valori e non di dogmi e ideologie.
Con la centralità assunta dall'io poetico nell'accezione data, che finisce per essere un mezzo, un modo per occuparsi e preoccuparsi della realtà tutta e del destino umano, l'osservazione continua, costante (giorno dopo giorno) di aspetti, a volte frammenti, o di tendenze verso cui l'intera società è proiettata, porta il verso (in questo caso poetico) non già ad aforismi o formule sapienziali quali distillati dell'esperienza personale vissuta, piuttosto a rimarcare un pathos emotivo della collettività, che è presa dagli eventi del presente.
L'orizzonte verso il quale l'A. guarda nasce da un connubio tra 'poesia' e 'prosa' riunite, senza interferenze, trovando lampi di forza narrativa-poetica, per dare un 'senso' all'esistenza. La sua scrittura inebriante diventa spesso un canto poetico, anche quando ad esempio 'ruba la solitudine' che vive nell'uomo e la sublima, o 'ingoia il silenzio' nell'attesa di una telefonata che non arriva, o ancora quando 'si apparta con la divinità' per affidarsi a una comprensione non più umana, o 'scorre il cielo che si apre tra le nuvole' alla ricerca del sorriso della coscienza.
L'io è casuale, in sostanza è un io collettivo che si muove nell'universo delle condizioni in cui versa il presente e dà corpo e voce all'umano sentire, alle vitali pulsazioni che si avvertono nella vita sociale tra emozioni e sofferenze, stupori e degradi, povertà e ricchezze, ..., e, nelle tante contraddizioni che regolano gli eventi del nuovo millennio, ricercando non ciò che divide ma unisce, non già egoismi ma una condivisione, uno sbocco di 'senso' fatto di valori e non di dogmi e ideologie.
Con la centralità assunta dall'io poetico nell'accezione data, che finisce per essere un mezzo, un modo per occuparsi e preoccuparsi della realtà tutta e del destino umano, l'osservazione continua, costante (giorno dopo giorno) di aspetti, a volte frammenti, o di tendenze verso cui l'intera società è proiettata, porta il verso (in questo caso poetico) non già ad aforismi o formule sapienziali quali distillati dell'esperienza personale vissuta, piuttosto a rimarcare un pathos emotivo della collettività, che è presa dagli eventi del presente.