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Oxford, anni Trenta. Il futuro autore del «Riccio e la volpe», del «Legno storto dell'umanità», della «Libertà e i suoi traditori» è un giovane studioso agli inizi della carriera, ma già rivela quelle singolari doti che faranno di lui uno dei grandi epistolografi del Novecento: la passione per il gossip e la conversazione brillante («la vita non merita di essere vissuta se non si può essere indiscreti con gli amici intimi» scriverà), il talento di 'imitatore di voci', la curiosa mobilità di uno sguardo capace di trascorrere con leggerezza da un oggetto all'altro, l'eleganza musicale della prosa, l'ironia degna di Evelyn Waugh o Robert Byron. Che parli degli intrighi accademici oxfordiani o dei concerti di Toscanini a Salisburgo, del cenacolo di Stefan George e dei prodromi del nazismo o di letteratura inglese, di Gerusalemme o del «viaggio della memoria» nella patria russa, delle atmosfere di Venezia o dei suoi incontri con Virginia Woolf, sempre la varietà armoniosa, la versatilità danzante del suo stile ci incantano. Ma non basta: negli anni trascorsi fra New York e Washington (1941-1946) come funzionario del Foreign Office – con il delicato compito di operare affinché il governo di Roosevelt decidesse l'entrata in guerra al fianco di Churchill, nonché di guadagnare l'America alla causa sionista –, Berlin si rivela anche un geniale cronista del grande ebraismo americano (i Warburg e i Frankfurter, i Brandeis, i Rothschild), sicché questo epistolario giovanile ci regalerà anche un'incursione nel cuore segreto della storia novecentesca.