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Nella soffitta della casa della sua infanzia, Chela Stradolini passa in rassegna un baule colmo di carte, taccuini e fotografie. Sono tesori perduti, ricordi che un pezzo alla volta ricostruiscono la sua biografia. L'infanzia nell'Argentina degli anni Venti, con la famiglia aristocratica che la considerava brutta, troppo magra e scura per il gusto dell'epoca – che importava se era intelligentissima, se era superdotata. Una madre severa, con l'eterno rammarico di pianista fallita. Un padre ostile, crudele. Una sorella nemica, cui tutti vogliono più bene che a lei. Un fratello «quasi bambino, quasi insetto, quasi frutto, quasi fiore». E l'adolescenza in collegio, la scoperta della letteratura, un amore impossibile. Le notti domate a suon di sonniferi e tranquillanti, i primi viaggi a Parigi, in Cile, a Roma e poi finalmente in Sicilia, dove ancora viveva la prozia Angelina. Solo con lei, e solo lì, nella tenuta dei Caserta, la nostra indomita protagonista troverà un po' di pace, e scoprirà le origini della propria singolarità. Come già nel romanzo Le cugine, in questo libro Aurora Venturini torna a indagare magistralmente le storture intime e sociali che governano le nostre vite, soprattutto il grande mistero che è ogni famiglia, mostrandoci come solo lei sa fare che può esserci luce e bellezza anche nell'infernale dolore di ogni legame.