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Robben Island in Sudafrica simboleggia «il trionfo dello spirito umano» sull'ingiustizia, una memoria tormentata e affascinante lunga almeno 500 anni. Già lebbrosario e punto di attracco per le baleniere, è qui che sessant'anni fa, nel 1964, fu recluso il prigioniero più famoso e invisibile del mondo. In una cella di sei metri quadrati, il futuro presidente Nelson Mandela affinò un piano di pacificazione e convivenza che sembrava irrealizzabile.
A trent'anni dalle prime elezioni democratiche nella Nazione Arcobaleno (aprile 1994), Michele Farina ripercorre le storie e i sentieri di questo luogo straordinario, un paradiso naturale diventato l'Alcatraz del continente africano e poi patrimonio dell'umanità. La vita quotidiana del detenuto 466/64, le strategie di sopravvivenza, i compagni e gli aguzzini, le lettere e i tentativi di fuga, il rapporto appassionato e straziante con la moglie Winnie e con i figli, l'amicizia con i secondini bianchi che lui chiamava «la mia guardia d'onore».
Il sogno è diventato realtà. Ma oggi, per molti sudafricani, si è trasformato in delusione, promessa non mantenuta. Povertà, corruzione, disuguaglianza: perché la rivoluzione nata sull'Isola delle foche è rimasta incompiuta? E perché, nel tentativo di risolvere i tanti conflitti contemporanei, abbiamo dimenticato lo stile Mandela nell'arte delicata del compromesso?