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Il Manifesto contro il lavoro, uscito in Germania nel 1999 e tradotto in otto lingue, viene riproposto, in questa seconda edizione italiana, nel momento in cui le contraddizioni del modo di produzione capitalistico si sono inasprite e i tragici esiti – tra crisi economica, imbarbarimento sociale e collasso ambientale – sono sotto gli occhi di tutti. Ma come si può pensare di criticare, o addirittura di superare il "lavoro", così come fanno gli autori del Gruppo Krisis, se esso è visto come principio fondante, naturale, eterno e oggettivo delle società umane? Soprattutto, ha senso porre una simile questione oggi, quando sembra che il problema principale sia, al contrario, la mancanza di lavoro?
Si tratta, però, di cambiare prospettiva, ed è quello che cerca di fare, riprendendo un Marx "esoterico", la corrente della "critica del valore", teorizzata dal Gruppo Krisis. Il lavoro è veramente l'antagonista del capitale, come una certa scuola marxista crede da sempre, o è piuttosto il suo più fedele alleato? Il compito forse oggi più importante, e non rimandabile, è capire come costruire una società radicalmente diversa da quella in decomposizione entro la quale stiamo vivendo. Una società che abbia altre fondamenta al di là del lavoro.